Il popolo che manca
«Revelli dalla fine della guerra lavora con un’idea fissa: far sì che le prove sopportate dagli italiani più silenziosi e più dimenticati e più pazienti non vadano perdute».
Italo Calvino
Erano gli anni dell’industrializzazione accelerata e dello spopolamento di intere aree delle campagne del Nord-Ovest e delle montagne alpine in cui si consumò un vero e proprio «genocidio culturale», come è stato definito, distruggendo in poco tempo mondi secolari, comunità, tradizioni e paesaggi. Di quel cosmo che appare così remoto queste voci costituiscono l’unico, flebile e struggente tramite.
Nel percorso tracciato dal Popolo che manca si è scelto di riunire le memorie più profonde (talune integralmente inedite) dell’insieme dei protagonisti dell’epopea revelliana (i contadini del Mondo dei vinti ma anche le donne dell’Anello forte), con l’intento di fissare, entro una maglia più larga possibile, l’intera gamma delle forme (talvolta anche crudeli) della vita quotidiana del tempo: segnata da poveri sogni di esistenze dominate dalla precarietà alimentare e dalla paura, e tuttavia forte, in parallelo, di saperi e di elaborate pratiche di sopravvivenza consolidate nei secoli.